Le cantine e il vino a Venezia

Storia culturale dell'andare per bacari

La regione vinicola veneta è la più vasta in termini di stili di vino in tutta Italia, infatti, il Veneto è uno dei principali produttori di vino di qualità del paese. Non potrebbe essere altrimenti, considerato che comprende un'area vinicola di oltre 75.000 ettari, distribuiti tra le pianure, le colline e le montagne. Non è un caso, dunque, che il popolo veneto sia anche un grande intenditore e consumatore di buon vino!

Premessa

Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano. (Erri De Luca)

Non a caso il vino veniva definito il nettare degli dei, la bevanda inebriante per eccellenza, simbolo di festa che unisce famiglie e popoli. La gastronomia veneta in generale e veneziana in particolare non può scindersi da questa che ne è una componente essenziale. Dal prosecco all’ombra, c’è un vino per ogni occasione ed ogni occasione è buona per bere un buon bicchiere di vino.

Classificazione del vino veneto

Facciamo una breve ma esaustiva carrellata di quelli che sono i prodotti vitivinicoli che la nostra terra ci offre. Bisogna precisare che il boom del Veneto da questo punto di vista è iniziato negli anni ’90 grazie al lavoro di viticoltori che hanno saputo comprendere le esigenze del mercato, ottenendo il riconoscimento con vini rossi come Valpolicella, Bardolino, Amarone e bianchi come Soave o Prosecco.

Il 25% del vino della regione è prodotto e commercializzato con il nome DOC e DOCG.

In questa regione il clima cambia notevolmente da una zona all’altra, è considerato continentale nelle pianure con inverni rigidi ed estati calde, sebbene con un clima più mite intorno al lago e sulle colline. C’è una fitta nebbia e ci sono piogge abbondanti. Evidenzieremo i terreni vulcanici di aree come Monteforte d’Alpone o Soave. Le varietà tradizionali venete sono l’uva Corvina, Rondinella, Molinara e Raboso.

Una varietà molto importante è l’uva Garganega, una varietà bianca utilizzata per il vino Soave e come miscela per il vino Gamberalla. Troviamo anche le uve Trebbiano, Tocai, Cortese o Malvasía Toscana. Inoltre, vengono coltivati ​​rinomati ceppi importati come Merlot, Chardonnay, Cabernet Sauvignon, Pinot Nero, Cabernet Franc o Riesling. L’uva Glera conosciuta come Prosecco, è il fattore comune delle aree viticole del nord-est del Veneto.

Le origini delle osterie veneziane

Se l’argomento è il vino allora è d’obbligo parlare delle cantine (in veneto bacari). Nel seno della Serenissima Venezia, infatti, sono nate tante osterie e, Cantina Do Spade, è una delle più antiche, uno degli emblemi di una città ricca di storia e di storie che a volte si trasformano in leggende così poetiche da mescolarsi perfettamente con la realtà, com’è successo, ad esempio, con la consuetudine di andare a ombre.
Benché gli storici non siano tutti concordi con questa versione, si pensa che il termine con cui si indica questo classico calice di vino, prenda il nome dall’abitudine, da parte dei vignaioli, di vendere il vino all’ombra del campanile di San Marco, su bancarelle ambulanti che poi spostavano seguendone l’ombra, per mantenere la bevanda sempre fresca. I venditori si chiamavano Bacari (un termine relativamente recente, che risale alla fine dell’Ottocento dal quale, poi, hanno preso il nome le osterie) che si pensa derivi da un’antica espressione dialettale veneziana, far bàcara, cioè festeggiare nel nome di Bacco.

È così che nacquero questi rappresentativi luoghi d’incontro che hanno subìto, con il mutare dei tempi, cambiamenti che, inevitabilmente, hanno messo da parte l’antico fascino della semplicità e della genuinità di un luogo in cui s’incontravano nobili e gondolieri per far e magari sfidarsi in una partita a carte.

La nostra osteria, però, nonostante il subentrare di nuove mode e tendenze, cerca di mantenere saldo il legame con le sue origini che risalgono alla fine del Quattrocento, quando, cioè, nacque l’insegna delle Do Spade, simbolo della confraternita degli osti, che era solita radunarsi nella chiesa di S. Matteo.

L'ombra di vino

Bere un’ombra a Venezia è un rito sociale, una dichiarazione di amicizia e solidarietà che si rinnova di giorno in giorno e di ora in ora e la Cantina Do Spade è senz’altro il luogo perfetto per farlo. Ma qual è la storia di questo aperitivo ante litteram?

Sembra che sia un’ardua impresa stabilire con certezza quale sia stata l’origine del termine, e non mancano ipotesi più o meno fantasiose. Si dà per buona quella secondo cui il termine “ombra” derivi dal fatto che ai tempi della Repubblica di Venezia, si conservasse il vino all’ombra per tenerlo fresco e non farlo andare a male. Leggenda vuole, infatti, che tra il quattordicesimo e il quindicesimo secolo, i venditori ambulanti di vino di piazza San Marco si spostassero seguendo l’ombra del campanile proprio per questo motivo.

Venipedia, invece, sostiene che il nome “ombra” derivi dal fatto che nel sestiere di San Polo, nell’antica osteria Alla speranza, alla fine del XIX secolo, la misura di vino che corrisponde a un decimo di litro, veniva chiamata appunto “ombra”.

La terza ipotesi, anch’essa molto interessante, e in un certo modo collegata alla seconda, è stata avanzata nel 1973 dal giornalista Gianfranco Folena che affermava che il termine deriverebbe dal significato italiano di ombra, intesa come una quantità minima: “(…) usato come tante altre parole soprattutto in espressioni negative per designare una quantità minima di solito astratta (neppure l’ombra del dubbio, senza ombra di malizia, e così nei dialetti: veneto “gnanca l’ombra” (…) infatti la misura canonica dell’ombra doveva essere in origine minima, un decilitro di vino o poco più…” In definitiva un’ombra” di vino, un po’ di vino, sufficiente a “sporcare il bicchiere”.
Non possiamo essere certi di nessuna di queste ipotesi, ma almeno abbiamo fatto un po’ di luce sull’ombra!

Gli indesiderati e le osterie

Oggi sono luoghi di ritrovo di tendenza ma dalla metà del 14° secolo alla fine del 18°, le osterie non erano proprio dei bei posti da frequentare. Verso la fine del Medioevo, a Venezia c’erano molte persone di passaggio: pellegrini, mercanti stranieri, rappresentanti di altri Paesi e viaggiatori generici.

Ma tutta questa gente, dove alloggiava?
Oltre alle strutture istituzionali e ai monasteri, un’altra importante struttura ricettiva erano le osterie. Anzi, erano le strutture ricettive ufficialmente riconosciute, tanto da essere organizzate, dal 1355, in una vera e propria Scuola.
Una curiosità: a inizio Cinquecento i bacari, a Venezia, erano 23. Nel Settecento, invece, si stabilizzarono a 20. Ma nel 1347 le taverne furono forzatamente ridotte a 13: sulla carta, la motivazione era la “grave mancanza di vino” che stava mettendo in crisi la città.
Più probabilmente, però, il governo della Serenissima stava tentando di mettere ordine nel mondo dell’ospitalità veneziana. C’erano, infatti, troppi alberghi o simili che stavano danneggiando la qualità della vita.

Vi ricorda qualcosa? La Cantina Do Spade a metà Settecento.
Ma andiamo a vedere com’era la situazione della nostra Cantina.
Nella mostra “Acqua e cibo a Venezia” c’è anche una video-ricostruzione della Cantina nel 1754, che rivela, tra le altre cose, che:

  • le camere per gli ospiti si trovavano ai piani superiori della Cantina, ed erano 13;
  • alcune categorie di persone non potevano essere ospitate nelle osterie ma potevano comunque venirci a bere.

Chi non poteva entrare nelle antiche osterie e perché?

Gli osti, insomma, non erano liberi di fare ciò che volevano, ma dovevano sottostare alle regole imposte dal Maggior Consiglio, e cioè:

  • dovevano versare una tassa – nel 1280, ammontava a 500 lire;
  • dovevano dotare i letti di lenzuola e coperte – evidentemente, non era così ovvio;
  • non potevano dare alloggio a banditi, mendicanti e meretrici. Perché? Per garantire la pubblica sicurezza. E l’oste era tenuto a rispettare questa norma, per non finire in galera.

Oggi non possiamo più offrirvi un posto letto alla Cantina, ma vi garantiamo che di vini e cicchetti ne abbiamo ancora in abbondanza!

Non solo vino: gli spritz

Benché parlando di cantine si pensi subito al vino, sono tante le bevande, alcoliche e non, che si possono bere tra un cicchetto e l’altro. Un posto d’onore tra tutti di sicuro lo ha lo spritz, il cocktail ormai famoso in tutto il mondo, versatile e leggero che accompagna perfettamente qualsiasi tipo di piatto di cui esistono numerose versioni.
Vediamo quali sono.

Spritz con Select. Si dice che sia il vero spritz veneziano. Il Select, infatti, nasce, a Murano nel 1920. I puristi la preparano così: ⅓ vino (o prosecco), ⅓ Select e ⅓ soda. Va servito in un bicchiere basso (rock) o in calici che devono essere riempiti di ghiaccio previamente. Come tocco finale si può aggiungere una fettina di arancia.

Spritz con Campari. Quando ordini uno spritz a Venezia la domanda classica è “Con Campari o Aperol?” Lo spritz con Campari, con il suo rosso brillante, fa molto serate d’estate fuori dai bacari a “ciacolare” (chiacchierare). Una regola non scritta ma condivisa vuole che la ricetta sia la seguente: bicchiere rock o calice, ghiaccio da versare prima di ogni cosa, ⅓ vino bianco (o prosecco), ⅓ Campari e ⅓ soda.
fettina di arancia di guarnizione.

Spritz con Aperol. L’altro grande classico delle serata veneziane è lo spritz con Aperol che regala al cocktail un colore arancione, in tono con i tramonti estivi che si possono vedere in riva al mare. Come si prepara il perfetto Spritz con Aperol? Così: ghiaccio da mettere sempre prima, ⅓ di vino bianco (o prosecco), ⅓ Aperol, ⅓ soda e la fettina di arancia

Spritz con Cynar. Ha un colore bruno che si può confondere con la Coca-Cola, però no, è il famoso amaro a base di carciofo Cynar e con esso si possono preparare gustosi (e amarognoli) spritz. Come? Così: ⅓ vino (o prosecco), ⅓ Cynar, ⅓ soda, bicchiere rock (raramente calice), ghiaccio e fettina di limone.

Spritz Hugo. Per qualcuno potrebbe essere un’eresia, ma vi assicuriamo che lo spritz con il sambuco è davvero buono. Come si prepara “Hugo”? Bicchiere con ghiaccio per prima cosa e questa volta calice, ma anche il bicchiere rock è ammesso, ⅓ prosecco, ⅓ sciroppo di sambuco, ⅓ soda, fetta di mela verde e menta di guarnizione.

Spritz con Centino. Lo spritz che troverete solo da noi. È a base di Centino, un liquore dal colore rosso rubino che venne ideato da un barista di Pordenone, Bruno Redivo, combinando vino, vermouth e amaro, con qualche scorza di arancia e subito divenne il simbolo della movida veneta della metà degli anni 50. Il suo gusto è squisito, provare per credere!

Conclusioni

Omero scriveva: “Il vino mi spinge, il vino folle, che fa cantare anche l’uomo più saggio e lo fa ridere mollemente e lo costringe a danzare, e tira fuori parola, che sta meglio non detta.”
Tutto questo è il vino, è parte della nostra cultura e ci identifica, ma soprattutto ci dà una scusa per stare insieme, per celebrare amori e amicizie o solo un po’ di tempo libero. Il vino, dunque, è un bene prezioso (sempre e quando lo si consumi con moderazione) e le cantine sono il suo custode.